"Scendete al più presto in campo...aprite porte e finestre che vi si chiudono...e conquistate il diritto alla vita". Nel ricordo di Capaci, il Presidente Napolitiano - parlando nell'aula bunker di Palermo, sollecita noi giovani ad una più matura consapevolezza.

Servizio Civile...la scelta che cambia

Auguri ai volontari del Servizio civile nazionale, ovunque siano. Alcuni sono stati chiamati sui luoghi dell'Emilia Romagna a portare aiuto e solidarietà. Un grosso in bocca al lupo e a tutti dedico l'inno "Libera le mani", utilizzato negli spot del SCN.

mercoledì 6 giugno 2012

Italia 2.0 e la fiera dell’usato garantito


di Francesco Polizzotti su www.ilcarrettinodelleidee.com
Dopo il sobbalzo delle recenti amministrative, la politica italiana si scopre vulnerabile e sotto la macina di qualsiasi forma di novità. L’affermazione del M5S di Grillo e della galassia delle liste civiche hanno dimostrato come l’attuale offerta politica agli italiani non piace affatto.
Rappresentanza è il termine più in voga al momento. Con una soglia irrisoria di fiducia nei partiti (attestata tra il 4 e il 7%), il ruolo delle forze politiche sembra ridotto al lumicino ma come ci ricorda Marco Travaglio sulle colonne de Il Fatto quotidiano, non mancherà molto che anche la parola “tecnico”, da rassicurante e positiva, diventerà addirittura un insulto per gli italiani. Non c’è più programma che tenga unito l’elettorato di riferimento. Il dato è comunque allarmante per chi crede nei valori della democrazia. I tradizionali schieramenti sono in difficoltà e la crisi delle leadership fa il resto. Nel corso di questi anni sono cresciute esponenzialmente le sigle di formazioni e movimenti in Parlamento con il solo obiettivo di puntellare questa o quella compagine da sostenere, con il risultato che la gente non vede più la politica come forma di servizio alla comunità ma come l’estensione di bagaglini, nani e ballerine.
A destra si perdono pezzi che avevano creduto nella deregulation berlusconiana. Al centro Casini non riesce ad ottenere l’appoggio convinto della Gerarchia e del Vaticano che proprio in questo momento diffida da soluzioni terzo poliste che vedano la presenza non proprio gradita dei finiani.
Nel centrosinistra, vincente alle scorse amministrative, l’incognita astensione fa mancare alla coalizione i numeri per presentarsi come alternativa ad un modello di governo portato avanti negli anni dai conservatori del Pdl prima, per intenderci, dell’avvento del Governo Monti. Il movimento berlusconiano d’altro canto non esprime più i sentimenti della cosiddetta maggioranza silenziosa che nel tempo ha fatto le fortune del centrodestra italiano. Proprio in via dell’Umiltà si conclamano i maggiori tentennamenti: i peones rifiutano qualsiasi forma di cambiamento portato avanti dalle fronde interne che fanno riferimento a uomini di spicco della prima ora ma che ora provano a rilanciare una Costituente con le altre formazioni presenti in Parlamento e non ultime le contestazioni dei “formattatori” - versione pidiellina dei “rottamattori” del sindaco di Firenze, Matteo Renzi - anch’essi guidati da un giovane sindaco, Alessandro Cattaneo di Pavia che chiedono le dimissioni in massa dei dirigenti e la candidatura attraverso primarie come a sinistra.
Uscendo dallo steccato dei principali partiti, rimangono in bilico anche le altre formazioni che in avrebbero dovuto catalizzare meglio il dissenso. Sinistra ecologia e libertà di Nichi Vendola ottiene un buon risultato ma non si ritaglia il ruolo di ago della bilancia nella coalizione. Discorso paradossale per l’Idv di Antonio Di Pietro che, nonostante la vittoria schiacciante del proprio candidato nel capoluogo siciliano, ha raccolto percentuali consone a quelle di quando il partito era una delle tante sigle “cespuglio” del centrosinistra. Archiviato il Terzo Polo, almeno nelle forme stabilite da Casini, Rutelli e Fini, l’Udc è pronto ad avanzare un nuovo cartello ma stavolta senza nostalgie o preclusioni, perché i moderati di oggi sono anche gli elettori di Grillo, perché altrimenti non si spiegherebbe il tracollo del centrodestra e della Lega.
Sul tavolo delle segreterie di partito, al punto primo si legge quasi dappertutto “listone civico da affiancare al simbolo tradizionale”. Tramontate le leadership eterne o quasi, avanzano su più fronti le nuove leve che, senza troppi giri di parole, vedono protagonisti in queste ore proprio chi viene dal mondo dei media e della cultura nostrana. Simboli di questo nuovo moto interiore dei partiti sono,  ad esempio, Gerry Scotti, noto conduttore delle reti Mediaset ed ex parlamentare a cavallo tra gli anni ottanta e novanta del Garofano di Craxi chiamato a rilanciare il listone che starebbe pensando l’ex premier Berlusconi, mossa che ha l’intento di scaricare ai “colonnelli” del partito il destino della sua pur tanto travagliata creatura, il Popolo della Libertà appunto. Sul fronte dei democratici, dopo l’idea di candidare Roberto Saviano a guida di una lista nazionale dei sindaci (un po’ciò che già fu l’esperienza dei sindaci per l’Ulivo), avanza il partito di Repubblica che quasi a celebrare un congresso, ha organizzato a Bologna per metà giugno “Repubblica delle idee”(14-17 giugno), una kermesse davvero allettante per il parterre, dove campeggia tra gli ospiti d’onore il Premier Mario Monti e il numeroso mondo della cultura e degli opinionisti di area. Lo slogan dell’evento rappresenta già un programma nell’agenda del Gruppo De Benedetti, proprietario de L’Espresso e del giornale La Repubblica e sostenitore del Pd e di Romano Prodi nelle varie competizioni elettorali. Scalfari nel suo editoriale smentisce di aver lanciato un’opa ostile ai Democratici ma non di meno è nitida la sferzata che il gruppone editoriale vuole dare al maggior referente politico che ha in Parlamento. Ma ad arginare questa pretesa ci sono i turchi del Pd a rifiutare la mutazione del Pd in una bad company. Ma riusciranno in via del Nazareno a non dare peso a personalità come lo stesso Scalfari, il direttore di Repubblica Ezio Maurio, l’ex direttore dell’Unità, Concita De Gregorio (data per capolista nel listone affibbiato) e dell’uomo simbolo della lotta alla camorra?
Dalla borghesia e dal mondo dei professionisti prende quota invece il movimento di Luca Cordero di Montezemolo, Italia Futura che da associazione sta cercando sedi in tutte le regioni e i cui data base vengono ad aggiornarsi ogni giorni di nuove adesioni, comprese quelle di parlamentari in cerca di nuova allocazione. IF però ha già chiarito le proprie prospettive: nessun accordo o alleanza con chi ha governato finora. Un no, detto in soldoni, ai vari transfughi in cerca d’autore.
Liste civiche e voglia di essere liberi dalle etichette non più blasonate, sembra il filo conduttore del nuovo che avanza. Aggirato il vizietto delle liste bloccate, che costringevano a fare la fila davanti ai segretari di partito per un posto sicuro in lista, adesso proprio i partiti storici temono il sorpasso o addirittura l’irrilevanza, visti i sondaggi di queste settimane.
Il nuovo Parlamento, se le intenzioni di voto resteranno queste, vedrebbe primo partito il Partito Democratico sopra il 25%, seguito dai “Grillini” al 18% e da un Pdl staccato di qualche punto. Entrerebbero in parlamento anche Udc, Sel e Idv. Il Porcellum però genera incertezza, soprattutto per il vincolo di coalizione e lo sbarramento 4% alla Camera e 8% al Senato qualora fuori dai giochi delle alleanze.
Agli elettori però va comunque dato il potere decisionale di una nuova maggioranza politica in Parlamento in vista delle prossime elezioni. Usato garantito come propone Pierluigi Bersani o fuori tutto come predicato dal Savonarola 5 stelle?

lunedì 4 giugno 2012

La politica e la mano benevola della geografia

Pubblico un articolo scritto in questi giorni per la testata "Il Carrettino delle idee.com".


Continua a smuoversi la terra in Emilia Romagna. Le scosse di terremoto si susseguono dopo quella forte del 20 maggio scorso che ha mietuto sette morti e migliaia di sfollati. Si muovono le colonne di aiuti e l’Emilia Romagna si ritrova tra l’abbraccio solidale dell’intero stivale.
L’Italia del volontariato si mobilita per le popolazioni del modenese, del ferrarese e delle vicine provincie e prova a recuperare la magra figura fatta con gli aquilani. A tre anni dal disastro L’Aquila è invece ancora lì. Cambia governo e cambiano le modalità degli interventi. Prima gli eventi plateali e mediatici a coronamento di un’azione definita celere e dalle grandi attese, poi il lento declinare della scena e il silenzio sugli schermi.
Testimone di questa triste pagina di cronaca è la giornalista, Maria Luisa Busi che ha fatto la difficile scelta di abbandonare la sua carriera di “mezzobusto” del Tg1, per un sussulto di orgoglio nei confronti di un mestiere facilmente assimilabile agli avvezzi filogovernative. Tassativamente, il Tg non poteva mandare in onda immagini dei ritardi o delle proteste della popolazione abruzzese. Un silenzio mediatico che ha fatto le fortune del centrodestra davanti agli italiani.
Vengono celebrati, invece, i cerimoniali accuratamente pensati dall’ex premier Silvio Berlusconi che, in seguito, avrebbero tradito quegli stessi cittadini e telespettatori stupiti dalla celerità con cui l’allora “governo del fare” sembrava muoversi nei confronti dell’Abruzzo. Regionali stravinte nel 2008 con un nuovo presidente della Regione “amico” a cui affidare i pieni poteri a discapito degli altri enti locali interessati, cade in seguito anche l’avamposto di sinistra alla provincia, guidata fino al 2010 dalla passionale Stefania Pezzopane.
Rimaneva l’incomodo di Massimo Cialente alla guida del comune. La defenestrazione della Busi viene commentata dalla stessa a distanza di mesi con un invidiabile ermeneutica: “E’saltato il tappo. E’ saltato il patto scritto tra i giornalisti e gli spettatori. Le regole ci sono, basta applicarle” dice la giornalista al Festival Internazionale del Giornalismo tenutosi a Perugia lo scorso aprile.
Defenestrazione che si aggiunge ad altre più o meno cicliche quando il centrodestra viene chiamato dagli elettori alla guida del Governo. Già gli ex colleghi Lilli Gruber, Michele Santoro nel 2004 scelsero di manifestare il proprio dissenso con l’elezione al Parlamento europeo nelle liste del centrosinistra. Nel 2009 si aggiunse David Sassoli, oggi capogruppo della delegazione del Partito Democratico nell’ASDE (Alleanza progressista dei socialisti e democratici europei).
La propaganda dei mezzi canonici è spesso veicolo di consenso.
Avere il mezzo più accessibile e allo stesso tempo più invasivo nell’opinione pubblica, significa modulare il pensiero della gente comune e catalizzare il consenso in chiave elettorale su tutto il territorio nazionale. La televisione, nelle fasi storiche in cui serve, diventa la cassa di risonanza di ogni propaganda.
L’esempio de L’Aquila tornerà, infatti, utile nelle aule accademiche delle facoltà di sociologia e di giornalismo, simbolo del populismo mediatico che plagia, trasforma, ribalta i fatti e quasi sposta le mancanze agli avversari politici. Populismo che manca ad esempio al nuovo premier, Mario Monti, le cui contestazioni non sono più un tabù per gli organi di informazione italiani, presenti anche all’interno dei programmi di approfondimenti di tutte le fasce orarie.
Nel programma di grande approfondimento condotto, ad esempio, da Lorena Bianchetti, specializzato in genere in fatti di cronaca e interviste a vip o persone la cui storia meriterebbe l’attenzione del tubo catodico, capita come tale opinionista invitata ad esprimere il proprio parere sui fatti dell’Emilia, attaccava il premier sol perché in sede di stampa aveva detto che “il governo non si era fatto trovare impreparato” e quindi sottolineare l’inadeguatezza di Monti, anche perché farlo sembra essere ormai un ritornello da parte di chi vuole atteggiarsi a portavoce del popolo nell’Italia a guida dei “tecnici”.
 Tornando ai luoghi del terremoto, tutto sembra descrivere un paese responsabile e unito nelle sciagure. Gli emiliani stanno vivendo esperienze simili a quella appunto degli aquilani ma anche delle popolazioni del Friuli-Venezia-Giulia e dell’Umbria. Restano paradossalmente ancora aperti i cantieri della ricostruzione de L’Aquila. La new town è ormai una chimera e il campo degli sfollati è ancora lì a testimonianza che nulla è andato come doveva.  Il centro storico è disabitato, la giunta si riunisce per amministrare una città che purtroppo non c’è (ancora). Il miracolo della ricostruzione breve, della gestione diretta e con deroga alle leggi da parte del supercommissario, nominato nella persona del Governatore Chiodi ha segnato il passo. In Parlamento è stato ridiscusso il ruolo degli amministratori locali e i comuni saranno di nuovo messi nelle condizioni di gestire direttamente l’emergenza.
Finita l’era Bertolaso, si ritorna alla buona prassi. I sindaci sono i rappresentanti delle comunità e scelgono cosa fare per la ricostruzione, proprio perché rispondono direttamente ai cittadini.
Intanto lo stesso emiciclo ha approvato che il taglio ottenuto dai finanziamenti ai partiti vada alle popolazioni dell’Emilia Romagna. Un gesto catartico per la politica in crisi di credibilità, un gesto finalmente concreto di risorse concrete, un gesto che però mortifica chi quegli aiuti non li ha mai avuti.
Le alluvioni, alla pari dei terremoti sono eventi calamitosi imprevedibili e gli scenari di morte sono indistinti se al fango si sostituiscono le macerie. Nelle alluvioni, c’è da dirlo, si muore forse nel modo più triste immaginabile.
Un tempo era la Lega Nord a dettare l’agenda del Governo, in termini di priorità e risorse. Una compagine becera che ha lasciato al sud poco e spesso con l’assegno da restituire in chiave assistenziale, come se le emergenze potessero essere inserite  nei bilanci preventivi dello Stato.
 La geografia però la conosciamo bene. Il flusso di aiuti sembra prendere la solita direzione. Ciò non di meno, i volontari delle regioni meridionali sono partiti numerosi per dare una mano d’aiuto ai soccorsi, a rinsaldare l’unità del Paese.